sabato 13 giugno 2020

"Pil, vaccino, o entrambi? O opportunità da cogliere?"

- Street art ai tempi del Covid -
Siamo in piena Fase 2 e tra pochissimo (dicono) arriverà la fase 3 (e poi chissà quante altre).
La maggior parte di noi è tornata ai propri lavori, con l'accesa speranza di ritornare alla “vecchia normalità”.
In tutto questo, incrociando le dita, sembra che il numero dei contagi a seguito della riapertura sia in calo, lasciando delle prospettive positive per il futuro prossimo, quando la vittoria schiacciante sul “nemico” giungerà soltanto assieme al vaccino.
Dalla serie: prima punzecchiamo il “nemico” e poi tentiamo di sconfiggerlo.

Infatti, a proposito di quest’ultima affermazione, la Comunità scientifica è unanime nel ritenere che in questa pandemia abbiamo delle grandi responsabilità.
Ad esempio Gianni Tamino, docente emerito di biologia all'Università di Padova e membro dei comitati scientifici di Isde, Associazione Medici per l'ambiente, afferma che “Le attività umane stanno cambiando l'ambiente del nostro Pianeta in modo profondo e in alcuni casi irreversibile. Stiamo dunque superando, anzi abbiamo già superato i limiti delle capacità della terra di sostenere la popolazione umana e mettiamo a rischio la sopravvivenza di molte altre specie”.
Come Tamino, John Vidal scrive sul Guardian: “I CDC americani (Center for disease control) hanno stimato che i tre quarti delle malattie nuove o emergenti che attaccano l'uomo provengono dagli animali con cui si sono ridotte progressivamente le barriere naturali.
Infatti “i cambiamenti climatici, la riduzione delle foreste con l'alterazione degli habitat di molte specie animali, mettono sempre più in contatto gli animali selvatici con gli esseri umani, rendendo più facile il salto di specie per i loro patogeni” (Tamino).

Per uscire da questo meccanismo alterato ed in parte compromesso, è necessario superare le regole del mercato e del Pil (“che è una sommatoria di prezzi x quantità di merci scambiate”) che hanno avvalorato finora l’idea di un progresso che pone al centro una ricchezza infinita; è dunque necessario proteggere gli ecosistemi naturali, conservare le aree incontaminate del Pianeta, e iniziare a pensare ad un’idea di economia “post crisi” che ponga al centro del progresso l’essere umano ed il suo benessere in termini di qualità della vita.
- Le acque del fiume Po nel periodo quarantena - 
Cosa fare dunque? Come tradurre questi concetti in azioni concrete?
Gli scienziati sono d'accordo sul fatto che non esiste una “cura” immediata, ma che occorra ripartire da un nuovo modello culturale ed economico, un’altra idea di economia e di prosperità, offrendo idee molto concrete, precise e percorribili sul nuovo modello di sviluppo a cui l'uomo dovrebbe puntare per salvare il Pianeta e quindi sé stesso. “Sia su scala individuale che comunitaria si stanno tracciando percorsi per un tipo di economia che sfugga ai canoni del modello ortodosso, cioè quello della crescita misurata dal Pil” afferma Andrea Strozzi, bio economista e autore di “Vivere basso, pensare alto” (Terra Nuova Edizioni).
Per fare ciò nella vita pratica occorrerebbe, ad esempio, “aumentare il più possibile l’autosufficienza energetica e alimentare, ricostruire i legami comunitari distrutti da un sistema che per guadagnare ci vuole tutti individualisti e dipendenti, ripensare un graduale ma deciso ritorno alla terra, non solo per la pura e semplice sopravvivenza ma anche per la tutela, la salvaguardia del territorio e delle basi della vita” (Tim Jackson, economista inglese, docente di sviluppo sostenibile all’Università del Surrey). Occorrerebbe anche un ripensamento della mobilità delle persone e delle merci che rappresentano una continua, e spesso inutile, fonte di inquinamento.
Sempre Tim Jackson, afferma “La prosperità riguarda la qualità delle nostre vite e delle nostre relazioni, la resilienza delle nostre comunità e il modo in cui attribuiamo significato alle cose, a livello individuale e collettivo (…) la prosperità, come rivela la radice latina del termine, riguarda la speranza. Speranza per il futuro, per i nostri figli e per noi stessi. (…)” Lo studioso lancia una pesante critica al modello economico contemporaneo: “Una forma limitata di prosperità ottenuta attraverso il successo materiale ha fatto funzionare le nostre economie per più di mezzo secolo. Ma è del tutto insostenibile e rischia di compromettere le condizioni per la prosperità condivisa”.

Il ritorno futuribile ad un’economia che fornisca le capacità di prosperare all'interno dei limiti ecologici dettati dal Pianeta appare l'unica soluzione che guarda lontano.
Tutto il resto assomiglia ad una di quelle “toppe” o “pezze” da aggiungere di volta in volta ad un vestito sempre più rovinato.

(N.B. I periodi in corsivo sono stati estrapolati dall’articolo “Un virus ha fermato il mondo. Ora si cambi paradigma” della rivista Terra Nuova nel numero di Maggio

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